Opinioni di un clown di Heinrich Böll

IL VALORE DELLA MASCHERA IN HEINRICH BÖLL

Heinrich Böll, nato nel 1917 a Colonia, cresce in un ambiente cattolico, pacifista e progressista. Si oppose al partito nazista e rifiutò  di iscriversi alla Gioventù hitleriana. La maggioranza dei suoi racconti è ambientata nella Germania post-bellica e racconta di emarginati di una società che cerca di rimuovere velocemente l’ingombrante passato nazista. Le sue opere rientrano in quella che è stata definita “letteratura delle macerie”, con riferimento alle rovine causate dai bombardamenti e dai combattimenti durante la Seconda Guerra Mondiale e alla conseguente ricstruzione, del paese ma anche dell’animo umano. Böll fu un esponente di spicco tra gli scrittori tedeschi che trattano della memoria della guerra, del nazismo e dell’Olocausto. Nel 1972 gli venne conferito il Premio Nobel per la Letteratura per i suoi numerosi romanzi, saggi e racconti. Morì nel 1985 a Langenbroich.

OPINIONI DI UN CLOWN

Opinioni di un clown racconta di Hans Schnier, un clown di professione, caduto in depressione dopo essere stato abbandonato dalla fidanzata Maria. Questo stato ha portato il protagonista a perdersi nei ricordi del suo passato, cercando di capire cosa gli è rimasto da vivere nel presente. E’ un’opera che interseca la crisi esistenziale di un giovane artista con la controversa rinascita della Germania post-nazista, senza risparmiare un’aspra critica all’opportunismo della società alto-borghese e all’ipocrisia della Chiesa Cattolica del suo tempo. Nella Germania del Dopoguerra le ombre del periodo nazista si allungano su tutto il popolo tedesco che sente pesare sulle proprie spalle anni di responsabilità e di complicità, fatta anche solo di silenzio. Böll evidenzia l’ipocrisia dei circoli borghesi e del loro falso moralismo che sfugge a ogni responsabilità: l’importante è lasciare il passato alle spalle e pensare al futuro, a una ricostruzione basata solo sul denaro.

Il protagonista, cioè il clown, indossa una maschera con la quale si plasma. Il suo scopo principale è di far divertire il pubblico. Il “pagliaccio” si mostra al lettore nudo e vero, in netto contrasto con le persone da cui è circondato: maschere vuote costruite su falsi moralismi e perbenismi sociali. La sua posizione nella società è quella di emarginato; posizione che gli consente di smascherare, attraverso il sarcasmo, tante meschine ipocrisie che i personaggi che ruotano attorno a lui incarnano. Quindi il clown Schnier, che si maschera per professione, smaschera i travestimenti mal riusciti della società del suo tempo.

Tutti noi abbiamo una maschera, la utilizziamo senza accorgercene, per muoverci con disinvoltura nella società e nascondere il nostro intimo io. Infatti la vera maschera non sta nella negazione di ciò che siamo in realtà, ma il voler diventare quello che vogliamo essere davanti agli altri.  La maschera di clown consente di descrivere apertamente una realtà che tutti vedono ma che tutti negano, così come anche di racchiudersi nel proprio mondo interiore, fatto di speranze e illusioni. Ma proprio il pagliaccio, che per professione si deve nascondere dietro ad una maschera, riesce a vedere in maniera disincantata la realtà a dispetto di tutti quelli che sembrano non averla, ma che in realtà di maschere ne hanno molte, invisibili e con l’effetto di distorcere la realtà.

Un altro tema fondamentale all’interno del libro è quello del denaro, che ha un ruolo decisivo in tutto il romanzo. Böll descrive una società che ruota intorno ad esso, nel momento fondamentale in cui ricostruisce la propria forma e la propria identità: l’immagine, l’apparenza, la maschera assumono un ruolo prepotente e incontrastabile. Anche questo aspetto sottolinea la critica che l’autore avanza verso la società tedesca dei primi anni Sessanta del Novecento: una società materialista e ancora una volta ipocrita, pronta ad adattarsi alle convenienze in nome dell’interesse. Ma il clown del racconto non ha alcuna intenzione di piegarsi a umilianti compromessi.

“Un clown, il cui effetto principale consiste nell’immobilità della maschera, deve mantenere il viso perfettamente mobile. Un tempo, prima di cominciare a fare i miei esercizi, usavo tirar fuori la lingua per sentirmi realmente vivo e presente prima di staccarmi di nuovo da me stesso. Più tardi abbandonai questo esercizio e presi a guardarmi attentamente in viso, senza far uso di nessun trucco e movimento, ogni giorno per almeno mezz’ora, finché alla fine non esistevo più: dal momento che non soffro di narcisismo, spesso mi sentivo prossimo alla pazzia. Dimenticavo semplicemente che ero io quella faccia che vedevo nello specchio, voltavo lo specchio e quando avevo finito gli esercizi, o quando più tardi, nel corso della giornata mi vedevo per caso nello specchio passando, mi spaventavo: c’era un estraneo nella mia stanza da bagno, al gabinetto; un tipo che non sapevo se fosse serio o buffo, un fantasma pallido con il naso lungo; e allora correvo il più in fretta possibile da Maria, per vedermi nel suo viso. Da quando lei non c’è più non riesco più a fare i miei esercizi: ho paura di diventare pazzo.”

 

Heinrich Böll, Opinioni di un clown

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